
Certa gente non sopporta il silenzio. Io, invece, lo adoro.
Come esistono le pause in musica, bene, esistono momenti di silenzio anche nel bel mezzo di una discussione verbale tra chicchessìa (che bella parola da dire). Esiste anche il silenzio teso tra due amici che fremono dalla voglia (o solo dal bisogno) di sparare a raffica tutti i pensieri che frullano nella loro testa, ma che, non si capisce per quale strana forza, si ritrovano a bocca chiusa entrambi. 
Perché si dovrebbe collegare il momento di silenzio a imbarazzo?
Io non mi sono mai imbarazzata del silenzio che si crea qualche volta dopo un po' che parlo tranquillamente con qualcuno. Perché riempire spazi di apparente "vuoto" con parole superflue? Se un momento esige il silenzio, concediamoglielo! Accordato! 
Non capisco perché ci si ritrovi spesso nel bisogno di costringere una conversazione. Una volta ho fatto notare a una mia amica come la spaventino, nel vero senso della parola, quei pochi momenti in cui ci ritroviamo entrambe inumanamente (tono ironico) senza parole: le sembra che non siamo più "sintonizzate" e che la nostra capacità di ascolto reciproco penda unicamente da scambi di battute. Fragile come cosa, io trovo. 
Nelle poesie del Pascoli, il silenzio è segnalato dai puntini di sospensione... Un silenzio che prelude chissà cosa di nuovo e misterioso, che forse solo l'immaginazione ci permetterà di intravedere. Al posto di quei tre puntini, tutto e niente. Che bello.
Anche il silenzio implica, come il dialogo, un ascolto. 
Sì, è un altro livello di percezione, sicuramente, ma è anch'esso da gestire, e non è semplice. Porgigli l'orecchio ogni tanto: avrà tanto da raccontarti. Dagli il giusto respiro. E vivilo, come ogni altra cosa. Perché è un non essere che è.


