Le classi seconde del nostro liceo erano state invitate a partecipare a un discorso dell'attore Carlo Mega sulla poesia.
La 2° D si è recata stamane dalle 11 alle 13 (già due non sono addirittura venuti a scuola pur di uscire un'ora dopo il consueto orario del giovedì...), al teatro Celesti, quello con 50 posti a sedere in pratica.
Ho notato subito che era attore. I gesti mentre parlava, l'enfasi che metteva su alcune parole e alcuni concetti, il modo di rapportarsi con noi, anche.
La provocazione iniziale è stata una domanda: "Secondo voi, la parola può contenere, esprimere la vita?"...
E da qui sono partite varie ramificazioni, che a grandi linee sono state da lui esposte secondo un disegno cronologico: dalla poesia di Leopardi, si è passati a quella di Pascoli, con Baudelaire in mezzo, poi Ungaretti, per poi finire con Montale, che, a causa temporis, è stato soltanto accennato.
Integrava letture di poesie con spiegazioni, e con domande provocatorie che ci indirizzava, in modo da non rendere il tutto una lezioncina di spiegazione e basta. "Come si fa una poesia?", "Che ruolo ha il poeta oggi?", "Cos'è l'ispirazione?", "Cosa serve per comporre?" sono alcune delle questioni cui abbiamo cercato di dare una risposta.
La bellezza di quest'arte di raffigurare il mondo interiore di chi scrive attraverso parole, di tracciare sul foglio immagini e ritmi, musica e immaginazione, e poi leggerla, è unica.
Lui in qualche modo ha cercato di svelarla, e di farci lasciar coinvolgere e affascinare da essa.
Poesia.
Da dove veniva questa parola? Ah sì, da un verbo greco... non so come si trascriva, ma il significato è quello di "fare, comporre, plasmare, creare". Anche l'immaginazione e la finzione modellano qualcosa, e la capacità di modellare nella mente non è propria soltanto degli ingegneri, architetti o geometri.
Ma accanto a ciò, ci vuole anche tanto studio. E tanto felice studio.
"Non chiederci la parola che squadri da ogni lato" dice Montale. Vuol dire che nemmeno L'infinito di Leopardi, dopotutto, è perfetto. Non si arriva mai al completo possedimento e alla totale padronanza della parola, per descrivere una vita... perché essa muta con lo scorrere del tempo. Ci avviciniamo sì, ma non la raggiungiamo mai, la capacità assoluta.
Intanto, ci rimangono solo tanti tentativi del cimento, che dura da secoli...
Questa che segue è la poesia "I due fuchi" di G. Pascoli:
t'affisi, tu per noi lo cogli e chiudi
in lucida parola e dolce verso;
si ch'opera è di te ciò che l'uom sente
tra l'ombre vane, tra gli spettri nudi.
Or qual n'hai grazia tu presso la gente?
Due fuchi udii ronzare sotto un moro.
Fanno queste api quel lor miele (il primo
diceva) e niente più: beate loro!
E l'altro: E poi fa afa: troppo timo!
3 commenti:
Questo è il genere di esperienze formative che dovrebbero proporre le scuole, non tutte quelle inutili attività extra-scolastiche che spesso saltano fuori!!
Posso immaginarmi che sia stata un'esperienza bellissima passare del tempo con una persona in grado di trasmettere il proprio entusiasmo e il proprio amore per la poesia, per una volta senza lezioni, interrogazioni o erudizioni fini a se stesse... Un po' come quando si ascolta Benigni leggere e commentare la Divina Commedia!
La prima volta che l'ho visto mi ricordo che mi è venuta voglia di leggermi l'opera completa tutta d'un fiato!!
Vabbè dai, vado a parafrasare e commentare Foscolo, sennò si fa tardi...
Perche non:)
imparato molto
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