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martedì 8 settembre 2009

Voglia...

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Voglia di essere trasportata via da una corrente di parole...

Voglia di non capire cosa ci stia dietro ogni singola emozione... ma di percepirla e basta...

Voglia di sentire brividi di freddo e di caldo...

Voglia di dar vita a giochi mentali di una velocità strabiliante...

Voglia di barcollare per stancanti giramenti di testa... stancanti ma piacevoli...

Voglia di stringere stringere stringere con una morsa tutta la ferocità e la grandiosità incontenbile di questa forza...

Voglia di controllare tutto e farsi controllare...

Voglia di dimostrare che non è comprensibile l'infinito se non irrazionalmente...

Voglia di essere ancora una volta sottomessa al potere di questa capsula fiammante...

Che voglia...

mercoledì 23 gennaio 2008

Non ci sono ancora

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Quando ero piccola (l'età precisa non importa, ero bambina, punto), guardavo le persone dal basso verso l'alto.

Le vedevo alte e grosse; dicevo tra me e me che quella misura d'altezza e di imponenza era direttamente proporzionale al grado di pensiero e alla capacità di osservare in modo critico qualsiasi cosa ci fosse attorno a loro e a me.
E mi chiedevo se mai sarei stata alta e composta come i "grandi". Io invece ero ancora goffa, quelle sembianze dicevano di me che non ero alla loro altezza né per le loro discussioni, né per le loro decisioni, né per le loro azioni, né per la loro intelligenza. Cosa dovevo fare per guadagnarmela, quest'altezza?
Pensavo anche che aspettare sarebbe stato come arrendersi, allora dovevo prepararmi prima di poter affrontare un nuovo mondo, con i tacchi o senza (nel senso lato del termine). Con protesi o senza (sempre nel senso nato del termine). Dovevo vedere come loro e pensare come loro. Esercitarmi, ma sempre tra me e me.
Per prepararmi, cosa potevo fare? Forse solo immaginare come sarebbe stato. Oppure impormi di capire al volo il giorno in cui sarei passata da un gradino all'altro. Da me chiusa in fantasie a me aperta a loro. Ho sbagliato evidentemente unità di riferimento: non il giorno, bensì... cosa?
Un anno mi ha cambiata radicalmente? O un mese? O tutto l'arco del liceo lo farà? O è un processo che dura per tutta la vita? E' questo che devo capire, vero?

Mi sembra di perdere tanto di quel tempo, e il tempo mi sembra così dilatato quando ho il coraggio di riprendere in mano le principali fasi della mia storia.

Dai, vivi e basta.

Hai anche un amico che ti aspetta, su.

domenica 23 dicembre 2007

Un passo indietro ogni tanto

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Quanto è divertente sconvolgere completamente ogni barriera, per quei pochi attimi che bastano? E sconvolgere la propria personalità nella consapevolezza di farlo, e nel limite dettatoci dal senso di autocontrollo?

E guardare poi le reazioni degli altri?



Tanto divertente! Al punto che gli altri non ti riconoscono più a pelle, ma per il confronto tra il te di ieri e quello dei momenti di rottura di ogni schema. Alcuni lo chiamano "delirio", altri "sballo"... Il gusto sta nel provare a toccare sfere nuove, a scandagliare la propria personalità ed andare ad afferrare quella che fa più fatica ad emergere nella quotidianità di un mercoledì mattina scolastico; porre sotto un mirino aspetti trasandati di noi stessi, che pure ci caratterizzano e in qualche forma si sfogano, anche se in dimensioni minime e apparentemente insignificanti.



La difficoltà sta anche nel trovare i mezzi per raggiungere questo punto di pura perdita del buonsenso quotidiano, ed è qui che si inciampa per la maggior parte delle volte.



Qualcuno la usa addirittura come arma, quella di cambiare completamente aspetto e personalità in certe occasioni, a contatto con certa gente, solo in certi ambienti. E direi proprio che c'è chi ne fa una vera e propria arte: l'arte del mascheramento.



Che poi, tra mascheramento e finzione la differenza è quasi minima.



Attenzione all'autocontrollo; è ingrediente necessario per un buon mix di risate e di prese in giro e di "delirio".

mercoledì 21 novembre 2007

La parafrasi non fa bene

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Anche voi trovate l'operazione che i professori dalle medie in su chiamano "parafrasi" semplicemente inutile e raccapricciante?

Oggi abbiamo affrontato l'Infinito di Leopardi, che già conoscevo a memoria dalle medie. Lasciando perdere la cambiatissima impressione che mi ha fatto nel rileggerla oggi rispetto a due anni fa circa (e anche la cambiatissima intonazione che le ho dato... brrr, non mi riconoscevo), con la tirocinio, si è cercato di spaziare un po' tra le parole della poesia (che poi perché certi individui cercano sempre di dare una migliore impressione in situazioni con gente che si vede per poco tempo, che mai più si riincontererà, che con quelli con cui hai a che fare quotidianamente...)

A fine lezione, ci è stato assegnato come compito quello di scrivere la parafrasi.
Dopo essermi stato rimproverato che non sono in grado di apprezzare tanta bellezza in pochi versi, perché ho avuto un momento di mancanza di autocontrollo di fronte a una battuta di un compagno, ci viene imposta una parafrasi.
Io personalmente le vedo come gli scritti più riduttivi che ci possano essere. Sciolgono la poesia completamente, la scardinano, la rendono neutra, la abbassano, le fanno toccare la regolarità, la normalità, sia delle parole, che della costruzione delle frasi.

La scombinano.
Le arruffano i capelli, prima rifinemente raccolti, e li ripettinano normali.. normali!!! (Questo aggettivo è scandaloso per una poesia come lo è la parola "finito" per Hilbert).
Struccano il suo volto.

E poi, se c'è un comportamento che non sopporto da parte di qualsiasi adulto che si ritenga possedere anni e anni di esperienza più di uno studente, è quello di entrare nella sua coscienza in modo drammatico. Dirgli: "ma che ne sai tu delle bellezze della vita, dei dolori, tu che stai tutto il giorno con l'i-pod alle orecchie? Hai mai sofferto davvero? Non credo proprio, sai! Dovresti inchinarti davanti a una poesia come questa, sei superficiale, siete superficial; ma pensate che la vita sia solo la canzoncina? Vi sbagliate."

Ma come si osa invadere uno spazio umano e sempre vivo, e così (ahimé) delicato, com'è la nostra cosceinza, la nostra anima? Come intromettersi in quegli spazi così riservati, che basta davvero poco per venire spiazzati completamente, perché suscita ricordi in bilico, non ancora assimilati.

Chi non sa di noi, è meglio che non parli di noi.

mercoledì 31 ottobre 2007

C'è un po' di freddo

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Che tristezza vedere anni di una giovinezza, così entusiasmante da vivere, buttati via senza consapevolezza, completamente persi nel nulla, smarriti in sentieri bui e freddi. E stasera si gelava davvero fuori.

Ma io mi chiedo perché. Non è mai abbastanza chiedersi e poi non rispondere, ma davvero vorrei sapere cosa governa le leggi della giovinezza di tante ragazze e ragazzi.
Io non lo so, non so rispondere, eppure sono lì, vicino a me, li vedo ogni giorno, parlo con loro ogni giorno.
Sarà forse una "moda". Ormai ci si rifugia dietro a questa parola come se niente fosse. Ma sì, è una moda, prendiamola con leggerezza e senza preoccupazioni inutili e superflue.
Davvero non sentono che qualcosa eppure manca, in generale? Odio il vuoto, mi fa paura.
Devo diventare capace a non stupirmi più di fatti così scontati.

E poi, io continuo ad aver freddo... brrrrr!!!

lunedì 15 ottobre 2007

Aneddoto scolastico

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Ora di inglese; momento: correzione dei compiti; ore: 12.37; classe: non la mia.

Teacher: (rivolgendosi all'alunno x) Do the next sentence, please.

Alunno X: Non ho fatto i compiti! (interrompendo i 37 minuti di solo inglese portati avanti a fatica dalla profe)

Teacher: Why not? (faccia un po' irritata)

Alunno X: (recuperando l'inglese che aveva perso per un attimo) Because change happens.

Beh, il seguito è solo da immaginare...

mercoledì 12 settembre 2007

Una seconda "anonima"

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Non potevo fare a meno di buttare giù due o tre impressioni sull'inizio di quest'anno scolastico.

La seconda liceo scientifico. C'è chi ha definito quest'anno "anonimo", perché senza cambiamenti importanti, senza novità entusiasmanti. Non si è più primini, ma comunque ancora "piccoli".
Non condivido questa visione, troppo pessimistica già alla partenza; ce n'è di tempo per diventarlo in nove mesi! Ah, l'atmosfera è cambiata del tutto; immancabilmente è una visione che le vacanze, il riposo, la mente libera, e le tante altre conoscenze nuove di quest'estate modificano e stortano.Camminare fra quei vecchi corridoi come se fosse passato ormai tanto di quel tempo dalle prime volte che le giravo, un po' disorientata, un po' assente, un po' timida.
Mi sembra ormai che tutto quel tempo si appesantisca sull'aria della scuola che respiro, sa tutto di conosciuto e familiare, di abitudine e di "solito". In fondo, non è passato se non un solo misero anno.
E' preoccupante sentirsi vecchi di scuola dopo un solo anno! E l'entusiasimo viene a mancare sempre più; l'aria di liceo si trasforma nell'aria quotidiana che respiro, cui non bado nemmeno più.
Odio dover separare completamente le vacanze dai mesi lavorativi e saltare da un certo tenore giornaliero all'altro così, di botto. Quanto sono belle le sfumature! I crescendi, i diminuendi, la mescolanza tra blu e rosso passando per il viola, il rosa e l'arancione, i raccordi, e non gli angoli.
Purtroppo questo è impossibile chiederlo ai professori. Dovremmo fare noi lo sforzo di iniziare a darci compiti ed esercizi prima che inizi la scuola, in modo che non si riparta in modo traumatico da zero a mille.
E logicamente, non esiste solo la scuola. Credere di crescere lì è assurdo, c'è talmente un'alta concentrazione di nozioni che ci vengono presentate che, oltre all'entusiasmo che viene sempre meno nell'apprenderle, imparare toerie già impacchettate per noi non implica la nostra partecipazione nel selezionarle, nel setacciarle. Operazione che si compie, invece, più o meno spontaneamente in seguito a una giornata particolare, trascorsa per esempio a contatto con molte persone, oppure semplicemente immersi in un ambiente dissimile a quelli troppo familiari e cui siamo avvezzi.


Il nuovo anno si prevede pieno di impegni, uno dei quali è la continuazione di uno vecchio...

sabato 8 settembre 2007

Equilibrio di due elementi

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Forse la consapevolezza che più mi delude è quella che il mio pensiero per gli altri ha una forma, quella del mio viso, delle mie gesticolazioni. Ma non è soltanto il mio pensiero che viene smontato e rimontato sul mio naso, sui miei occhi e le mie mani. E' tutto: quello che bolle dentro, le verità che vorrebbero venire fuori e non riescono, ma che reiscono a trasparire da una nota della voce, da un tremolìo delle palpebre.

Perché la ricchezza delle persone è nascosta, anzi, è falsamente riprodotta sottoforma di naso, corpo e bocca, e spalle e braccia?

Il dramma è proprio la ricchezza dei nostri sentimenti che viene soffocata e che dobbiamo covare come unica arma che possa fornire rimedio alla solitudine con la nostra interiorità (detta tutta d'un fiato). Alla fine siamo gli unici che ci rendiamo davvero conto di NOI. Fuori c'è altro, noi siamo anche crosta, ma essa non è che una pellicola fragile e insignificante. Però nasconde bene, e non saprei dire se fortunatamente o sfortunatamente BENE. E di tutto questo mi pare assurdo che tanti abbiano occhi solo per questa pellicola; ma questo fa sì che noi siamo molto più soli di quanto mi immaginavo, perché nessuno è in grado di accompagnarci anche nelle viscere dello spazio che riserbiamo, ed è l'avventura più intrigante e più ardua, sa metterci alla prova per bene, ci spiazza, ci dà botte, ci percuote, ci risveglia da assopimenti, ci rinvigorisce, ci fa rimanere di stucco, a bocca aperta, delusi, ma non sa abbandonarci, perché vive in noi... e talvolta vorremmo strapparla, ma sta lì... i nostri sentimenti, la nostra intelligenza non si schiodano e si ostinano a tenersi saldi.

E ancora c'è sempre chi non dà il giusto spazio a crosta, mantello e nucleo. Le giuste proporzioni (consideriamo pure che il nucleo è inesplorabile per l'uomo, e cela la magnificenza dell'esistere e del vivere). Un equilibrio, che tentiamo di raggiungere in base soprattutto ai condizionamenti esterni e ai giudizi degli altri. E sono gli altri che concorrono in buona parte a darci l'idea di dare più importanza a NOI o a quello che figuriamo per LORO... in altre parole, all'essenza o alla forma.



lunedì 20 agosto 2007

Dialogo - trialogo senza succo

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Vorrei tanto sapere cosa dite voi quando incontrate una persona che non vedete da tanto tempo, che una volta era un vostro caro amico, con il quale condividevate di tutto, dalle monotonie (meglio quotidianità) di una volta, che si stanno rivelando ora i momenti più ricorrenti nella vostra memoria per questo amico, agli spettegolezzi su quello, su questo, su quel ragazzo, su quella ragazza, dalle biciclettate, ai compiti di scuola, dal gioco di squadra, ai consigli, ecc.

Beh, capita un giorno che te lo ritrovi di fronte, dopo mesi che non lo vedi; è lì, non ci credi, siete uno di fronte all'altro, faccia a faccia... non ci credi! Dai, salutalo, sei contentissimo... e dire che in tutti questi mesi desideravo rivederlo ogni singolo giorno!

Salutalo, forza! Fatto. E lui ti sorride e ricambia il saluto. Tu sorridi e... Che fai, imbecille? E... Cosa vuoi che faccia? Sono senza parole!

"Ciao, come va?"
"Bene, grazie, e tu?"
"Bene, sì..."

Tutto qua? Gli chiedi queste due mediocri informazioni?
Aspetta... lui ha un fratello.

"E tuo fratello, sta bene?"
"Sì, dai, è cresciuto tantissimo"
"Immagino..."

Ma dai! Dico io...
tutte queste settimane passate a tenatare di conservare il suo volto, l'unico punto fermo che hai di lui, che è presente in te, ma che ogni giorno sfumava sempre più, perdeva dettagli e sapore: i suoi capelli si accorciavano, la sua bocca subiva incontrollabilmente una distorsione, le sue orecchie si facevao sempre più piccole, mentre il naso... che forma aveva il naso? Non è possibile, mi sfugge il suo naso! Alla fine sei disperato: rimangono di lui soltanto gli occhi.

E negli occhi lo stai fissando ora, nel disperato tentativo di farti venire in mente qualcosa da dire; il silenzio fra lui e te si fa molto più insopportabile della malinconia avvertita in tutti questi mesi.

Lui sembra sereno, invece, nonostante non abbia nulla da dire; motivo in più per te per rimanere attonito, disorientato e intrattabile. Sei rigido. Alla fine è lui che rompe questo equilibrio fra voi, che stava iniziando a scavarti una piaga di amarezza:

"Dai, ora vado, mi aspettano a casa. Ci sentiamo, mi raccomando! Buona giornata!"


Meno male che si è conclusa così! Avresti potuto anche rivolgerti a lui con la frase: "Bello il tempo, oggi, non trovi? Forse fa un po' caldo, ma si tira avanti". Sarebbe stato il massimo del degrado dialogico di due persone. Di due amici.


"Sì, sì... buona giornata anche a te..."

Faceva prima a dirti "Buona vita!".


La vita è fatta di piccoli dolori, di assurde malinconie. E di mancanza di dialogo. Inguaribili.


(Questo post è basato sul rapporto fra tre persone: un "tu" generico, qualsiasi, che può essere anche un"io"; l'amico di "tu"; e infine il "Tu" - con la T maiuscola - che è semplicemente una personalità che convive in "tu" e lo suggerisce in casi come questi; è quello evidenziato in marrone scuro.)

mercoledì 11 luglio 2007

A qualcuno...

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Mi sento in dovere di ringraziare una persona squisita che mi ha risvegliato un mucchio di concetti che, non so per quale motivo, avevo dimenticato per troppo tempo; concetti che mi avevano reso quella bellissima età che è la pre-adolescenza un tornado di bellezze da esplorare, interessi, e che sussistono tutt'ora, ma le cui radici sono scomparse, lasciando posto soltanto al risultato di quel processo. In questa fase sento spesso la ricerca di evasione verso due diversi fuochi: quello del ragionamento pacato e quello dei pensieri istintivi.
Ho sentito in un documentario l'altra sera che i giovani sono i più predisposti a violare i comportamenti civili e le regole perché nel loro cervello c'è ancora una forte instabilità, la più grave che mai attraverseranno: l'instabilità dovuta alla loro crescita a tutti i livelli. Una ricerca di equilibrio, insomma, che dura più o meno tempo, ma che determina un pericolo costante se vissuto stupidamente. Questo equilibrio passa dalla fanciullezza e si getta nel mondo dei giovani e degli adulti. La fragilità di carattere viene a galla solo quando si è soli e si ragiona; e se si giunge a conclusioni che non corrispondono all'idea che ti eri fatta di te stesso, sei in crisi. Un continuo tentativo di raggiungere se stessi, è questo in fondo uno degli scopi dell'uomo. Colmando poi la propria personalità con quella degli altri, stabilire realzioni.Vivere.
Questo è un ringraziamento personale che voglio rendere pubblico. Una contraddizione di termini: pubblico-personale. Teoricamente non regge, ma tante cose qui non tengono una base autentica.