giovedì 31 gennaio 2008

Da due a tre

Le vie di mezzo non vanno mai bene.

O è così, ed è potente, o è il suo perfetto contrario, ed è potente lo stesso.

Ed è difficile anche mantenerla la via di mezzo, quella che non è né così, né cosà.

Però in troppe cose mi sto stufando di contenere.

Quella via di passaggio, che serve a raggiungere l'irraggiungibile, è monotona e non asfaltata, ma ho capito che serve a unire due strade parallele. Veloci, autostrade. Una la stiamo percorrendo, ed è ora. L'altra la vogliamo percorrere, è il nostro obiettivo. Sta a noi far diventare questa via di passaggio, questo mezzo che è incompiuto e instabile, il giusto raccordo e il giusto punto di slancio verso qualcosa di più alto.

3 commenti:

Daniel ha detto...

Per me essere sempre nella via di mezzo è una cosa altrettanto estrema che essere ai lati. La questione è tutta riassumibile nel concetto di coerenza. Seguire un estremo o il centro è sempre coerente. Chi invece non si colloca in nessuna delle alternative non è veramente coerente.
(Anche se poi a voler ben vedere si può essere coerenti nel voler essere sempre diversi, ma qui entra in gioco il concetto di sincerità verso se stessi, il che richiede di tener conto forse della fede e il tutto si allarga troppo).

Chiara ha detto...

Estremi di cosa? Ci sono obbiettivi e sogni per cui si deve volere l'estremo. Altre cose per cui ci dobbiamo accontentare della monotona via di mezzo.

"Attenta alla parola grande, ha due facce: scoprile. Potrai vivere l'una o l'altra, o entrambe, ma con rinunce da un lato e dall'altro".

Qual è l'obbiettivo?
L'estremo è l'intensità, la qualità o la quantità? E su che sistema di riferimento ti basi?
E' come quel gradino che non sciogli: insisti sul gradino, o decidi di scartare una parte di repertorio?

Meghi ha detto...

Chiara, leggi il giorno e l'ora del post, e capisci forse a cosa mi riferivo...
Almeno, quello era il mio punto di partenza, lo spunto della riflessione. La cosa si può estendere, e prendere in esame diversi sistemi di riferimento.

Daniel, io vedo lo stare in mezzo non solo come coerenza, ma anche come continenza: non sfondare mai il quotidiano, in pratica. Sapere di non dover eccedere nel comportamento e negli atteggiamenti. Sapersi equilibrare e darsi dei limiti. Beh, questo è anche saggezza, però...