mercoledì 5 marzo 2008

Azzardata...

Il poeta, dicono, è colui che riesce ad esprimere, con parole e immagini particolari, tutto ciò che la gente ha sulla punta della lingua.

Io non credo nell'ispirazione in quanto tale, nel lampo di luce nella notte della fantasia. Ci vuole dello studio dietro. L'uomo non può andare avanti solo grazie a ispirazioni. E poi, anch'esse devono trarre nutrimento da qualche parte... e cosa è meglio della conoscenza in questo?

4 commenti:

Juliet ha detto...

sono d'accordo solo per metà...il poeta ha bisogno di ignorare determinate così..altrimenti le vedrebbe solo per quelle che sono e perderebbe fantasia.

Marco De Canal ha detto...

Spostando l'esempio nella musica, che mi è più facile, secondo me gli studi sono indispensabili, però non costituiscono la totalità.
Essi sono quelli che ti permettono, partendo da poche semplicissime idee, di comporre un'intera sinfonia, con tutti i suoi strumenti, le sue varie sezioni, ti insegnano le tecniche più efficaci per rendere brillante un'idea, oppure per appesantirla e marcarla, ti rendono quindi in grado di sottolineare particolari sentimenti, partendo dai più semplici, come l'allegria o la tristezza, codificati nei modi maggiore e minore, per poi arrivare ai più complessi, come l'affetto, la rabbia, il sospetto e l'ilarità.

Grazie ai proprio studi, un compositore sa come rendere un'idea estemamente vicina a chi l'ascolta, mi viene in mente il IV tempo della 9° di Dvorak quando compare il tema, oppure come renderla surreale, calandola in uno "scenario" quasi onirico, come il I della 1° di Mahler...

Però c'è sempre un qualcosa di inafferrabile, che è un po' come la firma di un autore, che rende quel pezzo unico, e poi...l'idea!

Un insegnante di composizione del nostro Conservatorio mi ricordo che diceva che la composizione è come un muscolo che bisogna allenare.
In questo senso l'ispirazione, qualunque cosa essa sia, perché dovremmo allora chiederci dove nascono le idee, ha bisogno degli studi e di tanto "allenamento", sia nella scrittura che nell'ascolto, così da "aprire un canale" verso di lei.

Ma una volta che tutto questo sarà stato raggiunto, che cosa ti coglie all'improvviso quando guardi un bel paesaggio, oppure quando provi dei forti sentimenti o ti stai per addormentare, per farti venire in mente una particolare melodia che ti sembra quasi di aver già sentito ma di non ricordare?

C'è chi dice che l'ispirazione è solo una rielaborazione inconscia di altri brani ascoltati durante il corso della nostra vita, però in questo caso bisognerebbe continuare a risalire indietro nel tempo, fino ad arrivare a quando? Dovremmo allora pensare che la musica, la poesia e le arti in generale esistessero già prima dell'uomo?

Tommaso ha detto...

non era un pò quello che diceva anche Carlo Mega?

Meghi ha detto...

@ Tommaso: sì, infatti l'ho messo a mo' di citazione...

@ Marco: la poesia e la musica sono la medesima arte in due forme distinte, alla fin fine. Quindi parlare dell'una come dell'altra, come ben hai fatto, è indifferente in questi casi. Lo studio tecnico senza quel "tic" in più, quella scintilla che fa affascinare gli ascoltatori anche meno esperti di musica, porta sì a buonissimi risultati, ma se manca un'ispirazione anche già naturalmente predisposta nel nostro "animo" (e poi, da che parte di noi proviene? Metto animo, ma intendendolo come crogiolo di emozioni personali), l'ottimo e il delizioso non si raggiungono.
Come dici tu, nel momento del componimento poi essa si traduce in "firma". Questo pezzo è mio. Punto. Si deve sentire, così come si sente la voce di una persona, o si percepisce l'umore dallo sguardo. Intuitivo. Affascinante.